
di Lanfranco Palazzolo
"Cara senatrice Merlin...
Lettere dalle case chiuse"
pag. 127, € 10.00, EGA
Lettere dalle case chiuse"
pag. 127, € 10.00, EGA
In un periodo in cui la prostituzione è tema all'ordine del giorno, soprattutto in seguito al disegno di legge recentemente emanato in materia dal governo Berlusconi, leggere "Cara senatrice Merlin. . . Lettere dalle case chiuse" è un ottimo metodo per comprendere a fondo la storia della "prostituzione legale" in Italia. Il libro raccoglie un gran numero di lettere che diverse prostitute scrissero trala fine degli anni '40 e gli anni '50 alla senatrice socialista Lina Merlin, la quale aveva proposto, e poi fatto approvare nel 1958, la legge per la chiusura delle case di tolleranza. Rileggere oggi queste lettere ci permette di comprendere, come sostiene nella prefazione Mirta Da Pra Pocchiesa, che la riapertura delle "case chiuse" in realtà "sarebbe un passo indietro culturale e un modo per denigrare ancora una volta la dignità delle donne, di tutte le donne non solo delle prostitute". Chi sostiene la reintroduzione delle case chiuse, come ha fatto in passato la senatrice Elisabetta Alberti Casellati, oggi sottosegretario alla Giustizia, probabilmente perderebbe lo slancio per sostenere il ritorno della legge in vigore prima del 1958; la stragrande maggioranza. delle missive infatti si rivolge alla Merlin con toni di aperta gratitudine e di incoraggiamento a proseguire nella lotta per porre fine ad un incubo: "Signora lottate, lottate perché questo triste mercato cessi, chiudete queste tombe dei vivi. Dio vi benedirà". Il mondo politico approvò formalmente la legge voluta dalla Merlin, ma solo tre anni dopo i socialisti le chiusero per sempre le porte del Parlamento, non ripresentandola nelle liste per le elezioni politiche. La Merlin stracciò così la tessera di un partito che l'aveva in qualche modo "abbandonata", e arrivò a defìnire alcuni esponenti politici socialisti come (servitorelli dello stalinismo". Forse, al di la dello stalinismo, gli uomini del suo partito non perdonarono l'aver lottato a lungo per una legge che, benché nessuno criticasse apertamente, molti in fondo disapprovavano. Il testo contiene una postfazione di Gianni Perego e don Luigi Ciotti.