
di Lanfranco Palazzolo
Voce Repubblicana del 13 gennaio 2009
Le posizioni espresse dal Partito democratico sulla giustizia sono una novità rispetto al passato. Lo ha detto alla “Voce Repubblicana”, il costituzionalista Cesare Salvi, che nella scorsa legislatura è stato Presidente della Commissione Giustizia del Senato. Ecco cosa pensa del dialogo sulla giustizia.
Senatore Salvi, cosa pensa delle aperture di Veltroni e dell’Anm sulla giustizia dopo che il Presidente della Camera Fini ha presentato una proposta articolata su 6 punti? Pensa che l’atteggiamento del leader del Pd sia sincero?
“In politica non si può mai essere certi sulla sincerità. Certamente Veltroni condivide l’intera piattaforma di Gianfranco Fini. Questa è una novità rispetto alla posizione che il Pd aveva espresso in passato su temi come la separazione delle carriere e la prospettiva di cambiamenti costituzionali sui temi della giustizia. Le posizioni del ministro ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia erano state sempre di chiusura. Mi pare che Fini abbia messo in ordine una serie di ragionamenti sui quali tutti hanno trovato elementi di giudizio positivi. Quando si passa dalle dichiarazioni di intento ai fatti, però si rischia di non arrivare in porto”.
Che cosa ne pensa di queste proposte?
Per quanto mi riguarda, penso che il punto più delicato sia quello della priorità della persecuzione dei reati con atto parlamentare. Qui non sono riuscito a capire come dovrebbe essere costruito il testo. La novità complessiva della proposta sarebbe quella di accettare il terreno della riforma costituzionale”.
Walter Veltroni, Nicola Mancino e Leonardo Domenici hanno dimostrato di volere una riforma della giustizia. Sostengono questa necessità perché si trovano politicamente in difficoltà?
“Distinguerei la posizione del Vicepresidente del Csm Nicola Mancino da quella di altri politici. L’ex Presidente del Senato è una personalità da sempre attenta agli equilibri di potere. Certamente queste inchieste hanno suscitato delle reazioni. Il vero problema è dimostrare che queste aperture del Pd non siano una conseguenza delle inchieste che hanno riguardato questo partito. Certamente questo avrebbe un impatto negativo sul dialogo”.
Tre anni fa lei ha pubblicato un libro sui costi della politica che ha fatto arrabbiare molti politici. Crede di aver in qualche modo previsto il malcostume della politica che oggi stiamo vedendo nuovamente dopo gli anni di tangentopoli?
“I segnali di quello che accaduto in seguito c’erano tutti. Io e il senatore Massimo Villone li avevamo previsti. A quei tempi ero iscritto al gruppo parlamentare dei Ds e con Villone vedevamo delinearsi nei comportamenti tutto quello che è emerso successivamente. La questione morale ha una data ben precisa nel recente passato. Noi vedemmo quello che stava per accadere. Non ci hanno voluto ascoltare”.
Senatore Salvi, cosa pensa delle aperture di Veltroni e dell’Anm sulla giustizia dopo che il Presidente della Camera Fini ha presentato una proposta articolata su 6 punti? Pensa che l’atteggiamento del leader del Pd sia sincero?
“In politica non si può mai essere certi sulla sincerità. Certamente Veltroni condivide l’intera piattaforma di Gianfranco Fini. Questa è una novità rispetto alla posizione che il Pd aveva espresso in passato su temi come la separazione delle carriere e la prospettiva di cambiamenti costituzionali sui temi della giustizia. Le posizioni del ministro ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia erano state sempre di chiusura. Mi pare che Fini abbia messo in ordine una serie di ragionamenti sui quali tutti hanno trovato elementi di giudizio positivi. Quando si passa dalle dichiarazioni di intento ai fatti, però si rischia di non arrivare in porto”.
Che cosa ne pensa di queste proposte?
Per quanto mi riguarda, penso che il punto più delicato sia quello della priorità della persecuzione dei reati con atto parlamentare. Qui non sono riuscito a capire come dovrebbe essere costruito il testo. La novità complessiva della proposta sarebbe quella di accettare il terreno della riforma costituzionale”.
Walter Veltroni, Nicola Mancino e Leonardo Domenici hanno dimostrato di volere una riforma della giustizia. Sostengono questa necessità perché si trovano politicamente in difficoltà?
“Distinguerei la posizione del Vicepresidente del Csm Nicola Mancino da quella di altri politici. L’ex Presidente del Senato è una personalità da sempre attenta agli equilibri di potere. Certamente queste inchieste hanno suscitato delle reazioni. Il vero problema è dimostrare che queste aperture del Pd non siano una conseguenza delle inchieste che hanno riguardato questo partito. Certamente questo avrebbe un impatto negativo sul dialogo”.
Tre anni fa lei ha pubblicato un libro sui costi della politica che ha fatto arrabbiare molti politici. Crede di aver in qualche modo previsto il malcostume della politica che oggi stiamo vedendo nuovamente dopo gli anni di tangentopoli?
“I segnali di quello che accaduto in seguito c’erano tutti. Io e il senatore Massimo Villone li avevamo previsti. A quei tempi ero iscritto al gruppo parlamentare dei Ds e con Villone vedevamo delinearsi nei comportamenti tutto quello che è emerso successivamente. La questione morale ha una data ben precisa nel recente passato. Noi vedemmo quello che stava per accadere. Non ci hanno voluto ascoltare”.