Il Governo cinese ha presentato a marzo del 2011 il XII Piano economico per il periodo 2011-2015, che stabilisce il corso dell’economia della seconda potenza mondiale per i prossimi cinque anni. Il 14 marzo 2011 il Piano è stato approvato dall’Assemblea nazionale del popolo cinese.
Nell’attuale Piano quinquennale il Governo ha definito le linee guida per uno sviluppo sostenibile dell’economia cinese, con un’attenzione particolare all’innovazione e alla modernizzazione, soprattutto nell’ambito dei “nuovi settori strategici industriali”.
Il Piano ha come obiettivi principali l’aumento dei consumi e il miglioramento dello standard di vita del lavoratore medio, attraverso una crescita maggiormente rivolta all’inclusione sociale e più sostenibile sotto il profilo della tutela dell’ambiente. Tale orientamento dovrebbe aprire una nuova fase di sviluppo del paese, chiudendo, dopo circa trent’anni, il periodo di frenetica espansione economica caratterizzato da continui e ingenti investimenti pubblici.
Nel corso dell’ultimo decennio i redditi e i consumi sono aumentati molto più lentamente rispetto alla crescita del PIL totale della Cina (in particolare la crescita del reddito dei residenti urbani e rurali è stata appena del 5%). Gran parte dei profitti derivanti dallo sviluppo economico del Paese sono andati alle aziende statali, che hanno rafforzato di conseguenza il loro monopolio, mentre una percentuale importante della produzione cinese è tuttora destinata all’estero. Le esportazioni sono, infatti, superiori alle importazioni, tanto da aver contribuito alla creazione di un surplus di conto corrente superiore a 350 miliardi di dollari nel corso del 2010.
Il XII Piano, a differenza dei precedenti Piani quinquennali, punta dunque alla qualità piuttosto che alla quantità, con un maggiore impegno per uno sviluppo sostenibile: l’obiettivo è una crescita economica del 7% all’anno, equivalente ad un aumento inferiore di 4,5 punti percentuali rispetto alla media degli ultimi cinque anni.
Tra le priorità politiche e gli obiettivi fissati dal Piano, in cui è previsto anche un controllo demografico che mantenga la popolazione entro 1 miliardo e 390 milioni di persone, si segnalano in particolare:
- abbassamento delle tariffe d’importazione per diminuire gli input-costs, crescita della domanda al consumo e riduzione delle esportazioni (che, nel gennaio 2011, ha generato un surplus commerciale attestatosi a 4 miliardi di sterline). Al riguardo va osservato che una diminuzione del surplus attuale del conto corrente cinese comporterebbe, di conseguenza, una parallela diminuzione della capacità di prestito agli Stati Uniti e ad altri paesi;
- elevazione della soglia di reddito a partire dalla quale il cittadino cinese è soggetto alle imposte sul reddito, al fine di aumentare il potere d’acquisto delle famiglie;
- aumento della spesa sanitaria e piena attuazione di un sistema di assicurazione di previdenza sociale[3]; allo scopo di ridurre il bisogno di “accantonamenti precauzionali” e incentivare i consumi da parte dei cinesi (attualmente la Cina registra il tasso più elevato di risparmio a livello mondiale, pari quasi al 50% del suo PIL);
- aumento del tasso di crescita relativo degli stipendi reali attraverso un aumento dei salari minimi: all’interno del Paese diverse province hanno annunciato un’ondata di aumenti salariali double-digit, per dar corso all’impegno del Governo di aumentare i redditi di coloro che lavorano nelle regioni rurali e dei lavoratori migranti nelle città;
- introduzione di obiettivi di efficienza dei consumi energetici, che vedranno la Cina ricavare il 20% della sua energia da fonti di carburante non fossile entro il 2015, mentre il contributo di carbone e petrolio dovrebbe scendere dall’attuale 90 all’80%.
Il Piano, inoltre, è fortemente green-oriented e prevede enormi investimenti per la tutela dell’ambiente, il risparmio energetico e le fonti alternative. Da circa due anni la Cina è il Paese più inquinante al mondo con emissioni che hanno raggiunto, nel 2009, il record assoluto di 7,5 miliardi di tonnellate. Al tempo stesso il paese ha iniziato una trasformazione “verde” ed è diventata un polo d’attrazione per gli investimenti in energie rinnovabili, riuscendo ad attrarre capitali da ogni parte del mondo[4].
All’interno delle aree della sanità, energia e tecnologia sono stati individuati i seguenti sette “nuovi settori strategici industriali” che riceveranno agevolazioni fiscali e altre forme di incentivo per accelerare il loro sviluppo:
· efficienza energetica e protezione ambientale: nuove tecnologie, sistemi di riciclaggio;
· tecnologie dell’informazione: Internet, cloud computing, comunicazione mobile, servizi d’informazione;
· biotecnologie: prodotti (medicinali) fabbricati secondo parametri biotecnologici;
· apparecchiature di alta qualità: aviazione e aeronautica, tecnologia satellitare, tecnica ferroviaria, impianti di produzione “intelligenti”;
· nuove energie: energia nucleare, impianti solari termici, fotovoltaici ed eolici, tecnologie smart grid;
· nuovi materiali: materiali di costruzione moderni, compositi, fibre ad alte prestazioni;
· tecniche alternative di propulsione in ambito automobilistico: veicoli ibridi, elettrici e con celle a combustibile.
Secondo il Governo cinese, il rafforzamento previsto dal Piano dovrebbe portare i suddetti settori a rappresentare l’8% del PIL entro il 2015 (rispetto all’attuale 3%).
Tra le altre priorità indicate dal Piano, vanno poste in risalto la previsione di un aumento al 51,5% del tasso di urbanizzazione della popolazione e la trasformazione delle regioni costiere del Paese in poli per la ricerca e sviluppo (R&D) e per i settori manifatturieri di fascia alta. Il Piano prevede, infine, la realizzazione di grandi opere pubbliche, in particolare per l’ampliamento della rete ferroviaria ad alta velocità fino a 45.000 chilometri e della rete autostradale fino a 83.000 chilometri, oltre alla costruzione di un nuovo grande aeroporto a Pechino.