Il 6 novembre 2012 si svolgeranno negli USA le elezioni presidenziali. I
due principali candidati saranno Barack Obama, presidente uscente, e, a seguito
dell’esito delle elezioni primarie, Mitt Romney, ex-governatore del
Massachussets.
In base alla Costituzione, le elezioni per il presidente USA,
responsabile del potere esecutivo federale, avvengono, ogni quattro anni, il
martedì dopo il primo lunedì di novembre. Si tratta, formalmente, di elezioni
di secondo livello, vale a dire che in ciascuno Stato degli USA viene eletto un
numero di grandi elettori corrispondente alla somma dei rappresentanti e dei
senatori di quello Stato (in tutti gli USA i grandi elettori sono 538). I grandi
elettori si riuniscono Stato per Stato, il primo lunedì dopo il secondo
mercoledì del dicembre successivo alle elezioni per eleggere il presidente. I
risultati di ciascuno Stato sono inviati a Washington e scrutinati davanti ai
membri del Congresso il sesto giorno di gennaio successivo. Per risultare
eletti presidente sono necessari 270 voti dei grandi elettori. Nei fatti, i
cittadini USA scelgono direttamente il candidato alla presidenza: in alcuni
Stati la legge impone ai grandi elettori di votare per il candidato per il
quale si sono impegnati a votare prima delle elezioni; nella maggior parte
degli Stati ciò avviene in via di consuetudine.
Il processo di selezione dei candidati alle elezioni presidenziali da
parte dei due principali partiti USA, il partito democratico e il partito
repubblicano, è affidato prevalentemente (anche se, come vedremo, non in via
esclusiva) alle elezioni primarie.
Poiché il presidente uscente Obama, democratico, ha annunciato l’intenzione di
ricandidarsi, solo il partito repubblicano ha proceduto allo svolgimento delle
elezioni primarie.
Con le elezioni primarie, all’interno di ciascun partito viene
individuato il candidato alla Presidenza: questo avviene attraverso l’elezione
di delegati esplicitamente collegati a quel candidato che poi formalmente
designeranno il candidato in una Convenzione nazionale. Diffusesi a partire da
alcuni grandi città USA alla fine dell’Ottocento, è possibile distinguere negli
USA diverse tipologie di elezioni primarie::
-
le “primarie chiuse”, riservate ai sostenitori del
partito, vale a dire coloro che si sono registrati come elettori del partito
(per votare negli USA è necessario registrarsi nelle liste elettorali; al
momento dell’iscrizione si può dichiarare la propria appartenenza ad un partito
oppure registrarsi come indipendenti);
-
le primarie “semi-chiuse”, riservate ai sostenitori
del partito e agli elettori indipendenti;
-
le primarie aperte con dichiarazione pubblica che
prevedono la possibilità per l’elettore di dichiarare il giorno stesso
dell’elezione il partito prescelto e di partecipare alle relative primarie;
-
le “primarie coperte” con la partecipazione di
tutti gli elettori, che ricevono due schede, una per ciascun partito, potendo
però poi scegliere sono uno dei due
-
le “primarie non partitiche” che si caratterizzano per la presenza di una
sola scheda con i candidati di tutti i partiti ; gli elettori possono votare un
solo candidato, vince colui che ottiene la maggioranza assoluta dei voti, altrimenti
si ricorre ad un secondo turno
I sistemi elettorali utilizzati nelle elezioni primarie variano da Stato
a Stato: si può avere un sistema di tipo proporzionale, più o meno corretto,
per la designazione dei delegati, ovvero un sistema maggioritario in base al
quale al candidato vincente spettano tutti i delegati dello Stato.
In alcuni Stati si ricorre ad un metodo diverso per la selezione dei
candidati, quello dei caucus: il caucus è un’assemblea di sostenitori di un partito che si riunisce
per designare i candidati. Per sua natura, il caucus può coinvolgere solo una determinata quantità di persone,
per cui in genere è necessario all’interno di un distretto elettorale (o di uno
Stato) prevedere anche più livelli di caucus.
La disciplina delle elezioni primarie è regolata dalla legislazione dei
singoli Stati, integrata dai regolamenti interni dei partiti e da alcuni
principi rinvenibili nella giurisprudenza della Corte suprema.
Per il finanziamento delle
campagne elettorali per le elezioni primarie, come per le elezioni
presidenziali, la disciplina è contenuta nel Federal Election Campaign Act del 1971, modificato da ultimo con il
Bipartisan Campaign Reform Act del
2002.
Le risorse a disposizione dei candidati sono di tipo privato o pubblico.
Le risorse private sono quelle ottenute tramite donazioni individuali o
mediante dei comitati di azione politica (Political
Action Committee), promossi da organizzazioni o associazioni. I fondi
pubblici spettano ai candidati che riescono a raccogliere almeno 5000 dollari
in venti Stati, in misura uguale al finanziamento privato ricevuto.
L’accettazione dei fondi pubblici comporta il rispetto di numerosi vincoli, che
spesso induce i candidati con consistenti donazioni private a rinunciare al
finanziamento pubblico. La Federal
Election Commission è incaricata di far rispettare la legge sul
finanziamento delle campagne elettorali federali.
La materia del finanziamento delle campagne elettorali è stata
significativamente mutata dalla sentenza
della Corte suprema USA Citizens United
vs. Federal Election Commissiondel
gennaio 2010: la sentenza ha infatti dichiarato incostituzionali perché
incompatibili con la libertà di manifestazione del pensiero le previsioni della
legislazione federale che proibivano alle imprese e ai sindacati l’utilizzo di
proprie risorse per “spese indipendenti” e “comunicazioni elettorali”. Con
queste tipologie si indicano quelle forme di finanziamento o di sostegno
politico che non affluiscono direttamente al candidato ma, ad esempio
attraverso i Political Action Committee,
si trasformano in campagne su singoli temi o in forme di messaggi pubblicitari
contro i candidati avversari. A seguito della sentenza imprese e sindacati
possono intervenire senza limiti in queste forme di partecipazione alle
campagne elettorali.
Per approfondimenti
sulla disciplina delle elezioni primarie si rinvia a Servizio Biblioteca –
Ufficio legislazione straniera Le elezioni primarie: la disciplina negli Stati
Uniti d'America e altre esperienze in ambito europeo ed extraeuropeo (giugno 2011)
Le
primarie 2012 del partito repubblicano
Con la vittoria nelle primarie negli Stati del Connecticut, Delaware,
Pennsylvania, Rhode Island e New York, lo scorso 24 aprile, Mitt Romney ha raggiunto la quota di
684 delegati alla Convenzione nazionale del Partito repubblicano che si
svolgerà a Tampa, Florida, a fine agosto. Il quorum di delegati necessario per
ottenere la candidatura è di 1144 delegati, ma il ritiro del principale
avversario di Romney, Rick Santorum, e la grande distanza con i delegati
ottenuti dagli altri due candidati ancora formalmente in corsa, l’ex-speaker
della Camera dei rappresentanti Newt Gingrich (141; Gingrich ha comunque
annunciato l’intenzione di ritirarsi) e Ron Paul (84), rendono scontata la sua
designazione.
Mormone, Mitt Romney (n. 1947), finanziere, è stato governatore del
Massachusetts dal 2003 al 2007.
In politica interna le sue posizioni appaiono moderate: da governatore
repubblicano in uno Stato tradizionalmente democratico, ha approvato per il
Massachussets una riforma sanitaria simile a quella approvata a livello
federale dall’amministrazione USA.
In politica estera, invece, la composizione del suo Foreign Policy and National Security Advisory Team, che lo assiste
nella campagna elettorale, lascia int5ravedere un’agenda maggiormente ispirata
alle posizioni neoconservatrici. A tale ambito politico-culturale sono
riconducibili lo studioso Robert Kagan e Eliot Cohen, già consigliere del
segretario di Stato Condoleezza Rice tra il 2007 e il 2009. Il manifesto di
politica estera fin qui presentato da Romney durante la campagna elettorale, An American Century. A Strategy to Secure
America’s Enduring Interests and Ideals si basa su quattro principi:
chiarezza degli interessi da perseguire; aspirazione ad un sistema
internazionale congeniale alle istituzioni liberali, al libero mercato, alla
democrazia e al rispetto dei diritti umani; la volontà di agire preventivamente
per evitare che situazioni di crisi sfocino in aperti conflitti e la leadership
nelle alleanze e nelle organizzazioni internazionali.